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In una cupa sera di Dicembre del 1915, mentre la Prima Guerra Mondiale infuriava fuori dalla trincea lungo il fronte russo, un tenente tedesco era intento a scarabocchiare sul suo quaderno. La caserma riecheggiava dei suoni della guerra: esplosioni di artiglieria, urla, ordini, sospiri, pianti di uomini feriti. Più avanzava nella lettura dell’articolo di Einstein, più rimaneva incredulo. Stando ai suoi calcoli, se una massa veniva compressa all’interno di un certo raggio, succedeva qualcosa di veramente strano: nessuna forza nota ne avrebbe potuto evitare il collasso e nulla sarebbe più potuto uscirne. Aveva appena trovato la prima soluzione esatta delle equazioni della relatività generale di Einstein. Mise giù l’articolo e si appoggiò allo schienale della sedia. “Devo scrivere ad Einstein”, pensò.
Quel tenente quarantenne era il fisico ed astronomo Karl Schwarzschild. Il raggio che aveva congetturato mentre i proiettili impazzavano sopra la sua testa sarebbe successivamente diventato noto con il nome di ‘raggio di Schwarzschild‘. Tale raggio definisce una superficie chiamata orizzonte degli eventi del buco nero: una regione senza fondo nello spazio, al di là della quale nessuna informazione può scappare e oltre cui la fisica fondamentale che conosciamo fallisce.
L’enigma dei buchi neri va oltre il fatto che furono ipotizzati lungo uno dei fronti della Prima Guerra Mondiale. Originariamente, si trattava di oggetti meramente speculativi, i cosiddetti ‘esperimenti mentali’. Einstein amava gli esperimenti mentali e sebbene ritenesse la loro matematica accurata ed elegante, scartò l’idea della loro esistenza come implausibile, ritenendo che la natura non avrebbe permesso la loro formazione. Tuttavia, adesso sappiamo che non è così. La natura crea continuamente buchi neri dalla morte delle stelle. Quando una stella massiva collassa, viene compressa e si forma un buco nero.
Non solo i buchi neri esistono, ma sono anche molto abbondanti nell’Universo. Solo la nostra galassia ospita qualche centinaia di miliardi di stelle. Circa l’1% sono grandi abbastanza da collassare al termine della loro vita e dare origine ad un buco nero. Già così, si tratta di tantissimi buchi neri, senza contare il buco nero supermassiccio che si annida al centro della nostra galassia e il cui peso equivale a qualche milione di soli.
I buchi neri sono stati protagonisti di due delle più straordinarie scoperte del nostro secolo. Nel 2015, due buchi neri, ciascuno di circa 30 masse solari, si sono scontrati creando un buco nero più grande, mandando potenti messaggeri cosmici attraverso lo spazio ed il tempo. Il peculiare eco della collisione è poi stato rilevato da LIGO, lo strumento più sensibile mai creato dall’uomo. La scoperta, che è valsa il premio nobel, ha svelato segreti circa l’origine e l’evoluzione dei buchi neri e le estreme condizioni dell’ambiente circostante.
In tempi recenti, il mondo ha inoltre potuto vedere per la prima volta l’immagine di un buco nero. Questa è stata ‘scattata’ da un telescopio virtuale delle dimensioni della Terra, ottenuto tramite la connessione di antenne radio posizionate sul nostro pianeta. Questo telescopio virtuale ha la più grande potenza di ingrandimento mai sviluppata dal genere umano. Come ci possiamo immaginare un buco nero, se questi è inaccessibile, nascosto al di là di ciò che possiamo osservare? Man mano che il buco nero attrae e divora la materia che lo circonda, il gas viene accelerato fino a raggiungere velocità altissime, prossime a quella della luce, e la sua temperatura sale a centinaia di miliardi di gradi. Questo gas caldissimo circonda il buco nero, aspettando il suo turno di essere inglobato. In tutto ciò, aspetta per un tempo sufficientemente lungo da essere visibile come un anello di luce attorno al buco nero. La silhouette del buco nero si staglia al centro dell’anello, un disco nero, vuoto e privo di espressione.
Uno degli aspetti più intriganti dei buchi neri è che non vi è nulla di fisico sulla loro superficie. Perciò tutte le informazioni che un buco nero può contenere sono equivalenti alla quantità di informazioni che può essere compattata sulla superficie del suo orizzonte degli eventi. Ma le cose si fanno ancora più strane. Secondo i fisici teorici, se una sfortunata astronauta cadesse dentro questo abisso cosmico, per noi spettatori il suo tempo scorrerebbe più lentamente, fino a fermarsi non appena raggiungesse l’orizzonte degli eventi. Perciò, anche se a lei potrebbe sembrare di avere attraversato l’orizzonte e abbracciato il suo destino, per noi rimarrebbe ferma, schiacciata sull’orizzonte degli eventi senza mai attraversarlo.
Quello che veramente accade nelle regioni d’ombra è un perenne mistero. Al momento, le nostre leggi della fisica sono incomplete e semplicemente non ne abbiamo ancora idea. E’ lì che due teorie fondamentali che descrivono il nostro mondo si scontrano frontalmente: la teoria dei quanti, cioè la fisica del mondo microscopico, e la teoria di Einstein dello spazio-tempo e della gravità, che invece descrive la realtà a grandi scale.
Sebbene si tratti di oggetti solidamente scientifici, i buchi neri possono risultare più esotici e strani di tanti oggetti di finzione e, ciò che accade all’interno del loro orizzonte degli eventi, per ora rimane lì, oscuro a tutti noi.
Tradotto da Maria Cristina Fortuna.
Jamy-Lee Bam, Data Scientist, Cape Town
Paarmita Pandey, Physics Masters student, India
Nesibe Feyza Dogan, Highschool student, Netherlands
Una, writer and educator
Radu Toma, Romania
Financier and CEO, USA
Yara, Lebanon
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