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È l’alba del 2021 su Marte, e una foschia tinta di rosso circonda la Perseverance. Mentre il geologo robotico ispeziona il paesaggio di rocce frastagliate e diavoli di polvere, le pareti del Cratere Jezero lo invitano a una lunga traversata della pianura Isidis Planitia. In alto, l’elicottero Ingenuity del peso di due chili ronza, mentre le sue videocamere ispezionano il panorama una volta al giorno. Mentre la sonda si muove ad un passo sistematico fino al suo prossimo punto di analisi, guarda indietro verso casa con la sua antenna a medio guadagno. La sonda re-invia i dati ai suoi operatori umani del Controllo Missione in California due volte al giorno tramite una frequenza radio a banda-X, una porzione a microonde dello spettro elettromagnetico usato per la comunicazione fra le astronavi e la Terra.
Il segnale richiede fino a 14 minuti per una distanza di più di 400 milioni di chilometri.
Quel che abbiamo imparato dalle sonde Sojourner, Spirit, Opportunity, e Curiosity negli ultimi 25 anni ha posto le basi scientifiche per gli esseri umani che verranno dopo di noi.
Spesso mi sono domandata se metterò mai piede sulle sabbie di Marte. Nel 2012 una parte di me lo ha fatto con l’atterraggio della sonda Curiosity, quando lavoravo come membro del team di ingegneri per entrata, discesa e atterraggio.
Curiosità
Qui sulla terra, sto preparando una lezione per i miei studenti universitari che si chiama Sistemi di Entrata ed Atterraggio per l’Esplorazione Planetaria. Mentre metto insieme un elenco di specifiche di un Sistema di atterraggio su Marte, in modo che loro possano fare i propri calcoli, sto valutando come istruirli al meglio per una missione su Marte.
Da quando ero bambina, mi sono sempre domandata se c’è della vita senziente lì fuori, magari non nel nostro sistema solare, ma certamente in un altro sistema solare, anche all’interno della Galassia della Via Lattea.
Dopo una ventina d’anni a lavorare per il programma spaziale come ricercatrice studentessa ed ingegnera, so cosa ci vorrà per farci arrivare lì in questo secolo. Per questo, facciamo un viaggio nel tempo dalla Terra a Marte.
Ingegno
È il 2040 e i primi esploratori umani raggiungono l’orbita di Marte dopo una crociera interplanetaria di sette mesi. L’equipaggio scende sulla superficie per mezzo di una capsula proprio come quelle delle varie sonde delle missioni precedenti, solo più grande e significativamente più pesante. Per proteggere l’equipaggio dall’estremo calore durante l’entrata, la capsula è fatta di un materiale composito di carbonio con uno scudo termico gonfiabile. Discendendo rapidamente attraverso la parte superiore dell’atmosfera, la struttura aerodinamica dissipa la maggior parte dell’ energia cinetica, rallentando il veicolo che passa da velocità ipersoniche ad altre supersoniche. Poiché l’atmosfera di Marte è molto sottile rispetto a quella della Terra, i retrorazzi supersonici vengono accesi. Questo provoca una spinta in direzione opposta e rallenta ulteriormente la capsula, rendendo l’atterraggio un leggero touch-down su un tappeto di mattoncini sedimentati di terra Marziana che i robot hanno posato negli ultimi cinque anni. Dopo l’atterraggio, i membri dell’equipaggio ispezionano i rifornimenti e le strumentazioni che sono state inviate attraverso precedenti missioni robotiche, e che attendono il loro arrivo. La ripetizione, la pianificazione e le alternative sono una necessità quando sei il primo esploratore di un nuovo mondo che si trova a 400 milioni di chilometri da casa. Quindi iniziano ad organizzare un campo base permanente su Marte.
Perseveranza
È il 2050 e la quinta Spedizione su Marte si prepara mentalmente per una permanenza di due anni. Dopo l’atterraggio, l’equipaggio indossa la divisa, sbarca ed entra in un habitat pressurizzato e controllato dal punto di vista ambientale per proteggersi dalla sottile atmosfera contenente il 95% di diossido di carbonio e le temperature che raggiungono i -70 gradi Celsius. Il loro habitat è parzialmente sotterraneo per proteggerli dalle radiazioni. Poiché Marte non ha un forte campo magnetico, i livelli delle radiazioni sono più alti di quanto gli umani possono sopportare per periodi di tempo lunghi. La missione fa affidamento sui principi di In Situ Resource Utilization (ISRU), o sostentamento dal terreno: i pannelli solari generano elettricità e l’acqua che si trova sotto la superficie viene estratta per essere utilizzata nelle serre pressurizzate con la CO2 atmosferica. La squadra coltiva le piante per il sostentamento e la produzione di ossigeno naturale. Il diossido di carbonio atmosferico e l’acqua riciclata sono elettrolizzati per produrre il metano, un tipo di carburante per razzi, per il viaggio di ritorno che avrà luogo fra due anni.
Opportunità
Mentre scrivo, è il 2020, e trovo sia ironico e potenzialmente trasformativo, che la sostenibilità possa essere la chiave per la sopravvivenza e il modo di vivere su Marte. Impariamo queste lezioni a memoria e implementiamole qui sulla Terra. Solo allora i Terrestri potranno diventare Marziani.
Tradotto da: Roberta Iacovelli
Roberta ha studiato Lingue Straniere presso l’Università del Salento e la Universidad de Granada, è in procinto di consegnare le revisioni di una tesi di Master of Philosophy presso la City University, e ha iniziato un Dottorato di Ricerca presso la Universidad de Granada. Da sempre studia le questioni di genere, e l’accesso delle donne agli ambiti di studio e lavoro stereotipicamente meno convenzionali.
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