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La curiosità sul mondo circostante è stata da sempre una caratteristica fondamentale della condizione umana, sia che si tratti di guardare verso l’esterno, studiando stelle e oceani, o che si tratti di guardare dentro noi stessi per scoprire cosa ci rende ciò che siamo. Una delle caratteristiche principali della scienza, che mi ha attratto fin dall’inizio, risiede nella volontà di porre domande sul nostro mondo e progettare test per indagare fenomeni che non conosciamo.
Nel 2007 stavo appena cominciato il mio cammino universitario, avevo scelto il corso di scienze della vita perché mi dava accesso ad una vasta gamma di possibilità per meglio capire l’argomento che più di tutti avrebbe suscitato la mia curiosità. Più o meno nello stesso periodo, nuovi studi su esseri umani e topi stavano dimostrando che il destino cellulare (che si pensava essere limitato a una singola identità cellulare finale) era più flessibile di quanto avremmo potuto immaginare. Le cellule specializzate che sono altrimenti impegnate nella loro identità, come le cellule della pelle, a volte potrebbero essere persuase a tornare indietro allo stato di cellule staminali pluripotenti, un processo chiamato riprogrammazione. Le cellule staminali pluripotenti condividono le stesse caratteristiche delle cellule trovate nei primi stadi degli embrioni umani che sono in grado di formare tutti i tessuti del corpo, rendendole piuttosto uniche. Linee di cellule staminali derivanti da queste cellule embrionali umane erano state isolate solo di recente (in tempi scientifici) nel 1998, e la relativa novità del campo mi ha davvero attratto: da allora ho lavorato con queste cellule praticamente per tutta la mia ricerca.
Un importante evento di riprogrammazione è quello responsabile di tutte le nostre vite: due tipi di cellule altamente specializzati, uova e sperma (chiamati collettivamente gameti) si uniscono durante la fecondazione e l’ovulo fecondato riacquista il potenziale per formare un individuo completamente nuovo. L’uovo fecondato si divide rapidamente per generare più cellule, con ogni tipo di cellula che diventa progressivamente più limitata nel suo destino durante lo sviluppo. Molto presto, circa 3 settimane dopo la fecondazione, le cellule destinate a formare i gameti vengono messe da parte. Queste cellule, chiamate cellule germinali primordiali e i loro discendenti, sono il processo attraverso il quale le caratteristiche vengono trasmesse di generazione in generazione.
Studio le cellule germinali per capire le cause dell’infertilità umana e per identificare potenziali terapie e trattamenti futuri.
Gli attuali trattamenti per l’infertilità come la fecondazione in vitro (IVF) si basano sulla capacità degli individui di utilizzare i propri gameti o quelli ricevuti dai donatori. Ma cosa succede se l’infertilità è causata dall’incapacità di produrre gameti in primo luogo?
Una terapia futura potrebbe coinvolgere la creazione di gameti del paziente. Nel mio laboratorio possiamo indurre le cellule staminali pluripotenti a diventare cellule germinali primordiali adattando i segnali che ricevono per imitare quelli presenti durante lo sviluppo. Le cellule della pelle dei pazienti potrebbero essere raccolte tramite biopsia e quindi riprogrammate in cellule staminali pluripotenti. Queste potrebbero quindi generare cellule germinali e, infine gameti funzionali che potrebbero essere utilizzati per la fecondazione in vitro per formare embrioni fecondati.
Tuttavia, una fondamentale lacuna nel processo è identificare i segnali necessari per la maturazione delle cellule germinali.
Il mio lavoro si concentra sullo sviluppo delle ovaie, di cui si conosce particolarmente poco.
Questo perché le uova si formano durante l’inizio dello sviluppo femminile e possiedono una scorta limitata, a differenza dello sperma, che viene costantemente prodotto e reintegrato durante la vita riproduttiva maschile. Studiare i segnali necessari affinché ciò avvenga è complicato e si basa su una fornitura limitata di tessuti donati sin dalle prime fasi. Il mio lavoro si focalizza sul costruire una mappa di riferimento sull’identità delle cellule ovariche, studiando sia le cellule germinali in modo da sapere a quali caratteristiche puntare quando si crea la nuova linea, sia le altre cellule dell’ovaio, che sono la rete di supporto che può fornire il segnale di cui le cellule germinali hanno bisogno per maturare.
Una volta ottenuto questo riferimento, possiamo provare a imitare questo processo in laboratorio. Il processo è ancora alle prime fasi, e per quanto piccolo possa essere, ogni esperimento e ogni risultato mi indicano che sto guardando qualcosa che nessun altro potrebbe aver visto prima, il che è un buon traguardo per la curiosità.
Tradotto da: Francesca Melle.
Francesca ha conseguito una laurea in Nanobiotecnologie presso l’Università del Salento (Lecce), al seguito della quale si è trasferita nel Regno Unito, dove sta svolgendo un Dottorato in ingegneria chimica presso l’Università di Cambridge.
Illustrazione di Jennifer Colquhoun, The Illustrated Lab.
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Jamy-Lee Bam, Data Scientist, Cape Town
Paarmita Pandey, Physics Masters student, India
Nesibe Feyza Dogan, Highschool student, Netherlands
Una, writer and educator
Radu Toma, Romania
Financier and CEO, USA
Yara, Lebanon
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